“L’Aquila, non solo questione di parcheggi”, intervista al Prof. Properzi

In questi giorni si parla tanto del progetto del parcheggio al posto delle case Ater di Porta Leoni. Si tratta di uno dei 4 parcheggi previsti dal Pums (Piano Urbano della Mobilità Sostenibile) del Comune dell’Aquila. Alcuni hanno riproposto anche vecchi progetti come, per esempio, un parcheggio sotterraneo a Piazza Duomo. Tutte soluzioni per rispondere a una carenza di posti auto di cui il centro storico dell’Aquila ha sempre sofferto.

Abbiamo voluto parlarne con il professor Pierluigi Properzi, già professore ordinario di Tecnica urbanistica e pianificazione territoriale nella facoltà di Ingegneria dell’Università dell’Aquila.

Professore, che idea si è fatto del dibattito che si è aperto in questi giorni sul tema parcheggi? Il tema dei parcheggi ha rappresentato nel confronto politico cittadino un tema di costante interesse, anche perché “non pericoloso” per i decisori. Commercianti, cittadini, utenti, impiegati rappresentano gli interessi diretti in gioco e i decisori vanno ad incidere solo su spazi disegnati a terra e in quanto tali provvisori, modificabili con una ordinanza. Cosa diversa quando si tratta di parcheggi sotterranei o a silos previsti da Piani, come il Pums, che fanno scelte localizzative con effetti più rilevanti in base ad analisi dei flussi e ad una razionalità conseguente. Nel caso specifico presuppongo che la scelta sia stata fatta proprio sui flussi e sulla base di una politica di progressiva pedonalizzazione del centro storico. “Sarà giusto, non sarà giusto?” Direbbe la macchinetta crozziana di Arcuri.

Ci sono poi altre su cui si discute in relazione alla migliore fisionomia di un centro storico che anno dopo anno si sta progressivamente rivitalizzando. Condivide le soluzioni/misure adottate finora? In realtà non è chiaro ad oggi che ruolo avrà il centro storico. Nessuno lo ha deciso, non ci sono atti di pianificazione generale o per lo meno non se ne sa nulla e se non ci sono atti ufficiali (Piani) è difficile valutare se le scelte del Pums siano giuste o se derivino solo dalla lettura interpretativa dei flussi disordinati di una città parzialmente ricostruita e con tutte le centralità funzionali delocalizzate. Eppure alcune indicazioni in merito erano state date da Inu e Ancsa (LaurAQ) nel 2010 e negli Atelier internazionali del 2012 e 2014, così come nel Documento Programmatico, presentato da me in Consiglio comunale nella passata sindacatura. Per sapere se i parcheggi vanno bene o no bisogna sapere a che tipo di centro storico pensiamo e l’incapacità di pensare l’assetto della città è stato probabilmente il problema vero che peserà sui prossimi anni.

Senza analizzare nel dettaglio tutte le fasi che hanno caratterizzato il processo di ricostruzione, lei individua occasioni perse? Dove ritiene invece che si sia fatto bene? Siamo in mezzo al guado ed è difficile valutare cosa è stato fatto bene o cosa no. Del terremoto si sono interessati molti studiosi delle diverse discipline della terra e centri di ricerca (Ocse-Inu-ANcsa, Società scientifiche degli storici, dei giuristi, dei geologi). Se da un lato si è preso atto di una diffusa insufficienza disciplinare (urbanistica, sociale ed economico), dall’altro sono emersi avanzamenti significativi sulle tecniche di consolidamento e di restauro. La condizione dell’emergenza non ha però prodotto nuove prassi sperimentali di governo dalle quali trarre soluzioni positive per la ricostruzione sociale ed economica del sistema urbano: a 12 anni dal sisma quello che manca è la città. La ricostruzione privata sappiamo essere molto avanzata mentre procede lentamente quella pubblica. Si è data la responsabilità dei ritardi al codice degli appalti, ma la questione è un’altra e risale alle inutili conflittualità tra Comune e Stm sul valore del Piano di Ricostruzione, alla inutile esibizione di un Piano Strategico, alla rinuncia di ripensare l’armatura urbana della città (attrezzature, servizi, mobilità). A questo rifiuto di una razionalità di governo hanno contribuito non solo gli slogan presi a prestito “tutto dove era come era” e le recenti fughe sui temi estetici e di decoro urbano, ma anche il disinteresse della Regione che non ha voluto riconoscere la propria “capitale”, rifiutandosi di fare una legge per L’Aquila e un Masterplan per l’area del Sisma.

Dunque mancanza di veri Piani anche qui? I Piani non sono risolutivi in quanto tali, soprattutto se privi di una capacità di governo, ma nella loro elaborazione si confrontano interessi reali e spesso si costruisce dal basso un modello di sviluppo al quale riferirsi, innescando una dialettica sociale positiva per l’economia della città. Governare questo processo è cosa complessa e richiede una classe politica matura e coesa. Governare giorno per giorno, questione per questione è più semplice, ma non serve per costruire un modello di sviluppo condiviso. Così ci ritroviamo un turismo senza alberghi, un patrimonio abitativo non occupato e privo di mercato immobiliare, un centro storico residuale rispetto alle scelte strategiche dello stesso Comune per le proprie funzioni, una mobilità privata erratica tra le nuove centralità disperse, la demolizione inutile di un ponte con la conseguente distruzione di una importante testimonianza dell’architettura del Fascismo e la eliminazione dell’asse viario (Via Roma) fondativo della città e della sua forma, il tutto per realizzare una improbabile stradina a zig zag, una progressiva compromissione del paesaggio agrario storico, un silenzio assordante sul nuovo Prg. Non è solo questione di Parcheggi!

Di Luana Di Lodovico

Pubblicato su Metamorfosi Quotidiane, www.vitrtuquotidiane.it

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